Sulle strade della Storia: Pietre d’inciampo e Mauthausen
Sono sempre stata un’appassionata di storia, storia recente, del secolo scorso. Ho visionato documentari, musei, l’ho studiata a scuola ed ho fatto ricerche in modo autonomo; ho un padre e un fratello anch’essi appassionati e spesso le nostre serate, o i viaggi in auto, diventavano un’enciclopedia orale di notizie ed informazioni su questo o quell’evento storico.
Studiare la storia è bello, ma spesso si è “distaccati”; visitare il Museo Egizio di Torino è un’esperienza che consiglio a chiunque, calarsi nei panni del Faraone, o dello schiavo o del manovale è bello; ma parliamo di tantissimi anni fa, e pare più un film visto comodamente dal divano; concreto ma distante.
Studiare, approfondire la storia del secolo scorso è diverso; saranno le centinaia di testimonianze scritte, interviste o anche i racconti di chi quella storia l’ha vista, l’ha vissuta; fanno si che gli approfondimenti non siano relegati a qualcosa di lontano, ma appaiono vicini, concreti, reali!
In questa occasione, non voglio raccontare un viaggio o raccomandare un museo, voglio raccontare le sensazioni che ho provato in un arco di tempo più lungo rispetto al reale tempo speso in un luogo o in un museo.
La prima volta che mi sono ritrovata in un luogo “simbolo” della storia recente è stato nel 2011, quando camminavo sulla spiaggia di Omaha Beach, in Normandia. Potevo vedere quei ragazzi che sbarcavano dai mezzi anfibi e correvano sulla spiaggia cercando di raggiungere un riparo, rivedevo le immagini viste in tanti documentari, su libri di storia o nei film; sentivo le grida di dolore e i comandi degli ufficiali, i fischi dell’artiglieria…
Sulla spiaggia di Omaha, svetta un Monumento in memoria dei soldati caduti e timidamente, a poca distanza, la vita ha ripreso a scorrere, consapevoli del sacrificio fatto da altri per permettere alle nostre generazioni di goderci la libertà.
Da quella volta in poi ho iniziato a guardarla con occhi diversi. Ho cercato di <<Uscire>> dai libri di storia e di umanizzare le cose che leggevo, ricercavo o studiavo. Ecco che allora mi sono ritrovata a piangere leggendo le testimonianze dei sopravvissuti ai campi di concentramento, o ascoltando chi era presente in Piața Libertății la sera del 17 dicembre 1989, visitando cimiteri di guerra sparsi nella nostra penisola e non solo. Cimiteri Canadesi, del Commonwealth, Tedeschi…
Si dice che la Storia la scrivono i vincitori, ed è sicuramente cosi! Ma gli stessi sconfitti scrivono una parte della stessa storia, vista da un altro punto di vista. Che poi, nessuno può dire chi davvero sia vincitore e chi invece sia lo sconfitto.
La seconda volta in cui ho inciampato nella storia, è stato su una delle Pietre d’inciampo in una viuzza ai margini di Szent István tér a Budapest. La tappa a Budapest, in un piovoso inverno di qualche anno fa, è stata del tutto inaspettata e per nulla legata ad approfondimenti di natura storica, e mentre camminavo per andare a visitare la città, letteralmente inciampai su una di queste pietre, posta al 7 di Akadèmia Utka, mi fermai con Cristian a leggere la memoria di queste persone, che da quella casa furono prelevate e morirono nel campo di concentramento di Auschwitz al loro arrivo. Nei giorni del mio soggiorno a Budapest, ne incontrai tantissime ne l quartiere dove avevo preso l’appartamento, a ridosso della piazza centrale. Ogni volta che mi fermavo a leggere, mi si incrinava in cuore. Madri, padri bambini… strappati alla vita per il puro odio di qualcuno. Incomprensibile dal mio punto di vista, ma terribilmente attuale; infatti ad oggi si vede e si respira odio verso il prossimo, sintomo che non abbiamo imparato nulla dall’esperienza del passato.
Aver incontrato le Pietre d’inciampo a Budapest mi ha portata a cercarle ovunque, anche vicino a casa mia, per poter dedicare un pensiero, una preghiera a queste persone che hanno affrontato l’inferno su questa terra.
L’ultimo luogo di cui vi volevo parlare, e lo faccio oggi che ricorre “La giornata della Memoria”, è stata la visita al Besucherparkplatz KZ Mauthausen, il campo di concentramento a Mauthausen dove 122000 persone persero la vita durante la seconda guerra mondiale.
Un luogo di silenzio e di raccolta, un luogo dove il visitatore dovrebbe portare rispetto in silenzio e pregare che la storia non si ripeta. Ho varcato le porte dell’ingresso osservando la verde collina sulla quale poggia la struttura in pietra del campo, rivedendo nella mia memoria le foto che avevo visionato in preparazione a questo viaggio, le foto che fecero i militari della 3° Armata Americana, quando il 05 maggio del 1945 raggiunsero il campo. Le grandi porte fanno accedere ad un cortile interno su cui si affacciavano le stanze delle SS tedesche a guardia del campo, per poi risalire le scale ed accedere al campo vero e proprio. L’aria che si respira è di profondo raccoglimento in rispetto delle oscenità di cui luoghi sono stati spettatori. Sono entrata nelle baracche, ho visitato il cimitero, la prigione e i forni crematori il tutto con un groppo al cuore, il museo è molto toccante!
Il sole di agosto stava scendendo e ci siamo diretti ai monumenti che ogni nazione ha fatto costruire in memoria dei connazionali morti nel campo. Enormi monumenti sul fianco della collina, lungo la strada che i prigionieri percorrevano per raggiungere l’ingresso della cava in cui erano obbligati a lavorare. Abbiamo speso un sacco di tempo nella zona dedicata ai deportati e alle vittime italiane, soffermandoci per una preghiera recitata, ognuno nella propria lingua, ognuno al proprio Credo, essendo noi una comitiva multietnica e multi religiosa.